La composizione

 

Ogni lipide ha una sua composizione in acidi grassi che lo distingue da ogni altro.

Usando la tecnica gascromatografica, si può risalire alla composizione qualitativa e quantitativa. Ecco i principali acidi grassi che troviamo negli oli e burri vegetali:

  

 

 

 

Gli acidi grassi

  

Gli acidi grassi sono i componenti comuni e fondamentali dei lipidi.

Chimicamente, i più diffusi in natura sono costituiti da un gruppo carbossile seguito da una catena di atomi di carbonio lineare, legata ad atomi di idrogeno.

Gli acidi grassi sono saturi quando presentano tutti legami semplici (-C-C-), monoinsaturi quando hanno un doppio legame (-C=C-) e polinsaturi quando hanno più doppi legami.

Questa suddivisione è molto importante poiché a seconda del grado di insaturazione gli acidi grassi cambiano le loro proprietà fisiche, chimiche e soprattutto biologiche.

Gli acidi grassi in natura non si presentano quasi mai in forma libera, ma sono solitamente legati tra loro per formare lipidi semplici o composti. La fonte di acidi grassi di gran lunga più importante negli alimenti si presenta sottoforma di trigliceridi, ossia tre acidi grassi, anche diversi tra loro (con percentuali di saturi, monoinsaturi e polinsaturi caratteristiche del singolo lipide), legati ad una molecola di glicerolo.

Il grado di insaturazione degli acidi grassi contenuti nel trigliceride ne influenza lo stato fisico, chimico, e la funzione biologica, come per gli acidi grassi stessi.

  

Proprietà fisiche

 

Gli acidi grassi saturi hanno una configurazione spaziale lineare che gli consente di disporsi in modo ordinato: questa disposizione facilita le interazioni molecolari (ponti di idrogeno) e di conseguenza essi hanno un punto di fusione elevato.

Gli acidi grassi mono e polinsaturi, invece, hanno le molecole "piegate" (a causa del doppio legame che crea uno squilibrio elettrostatico): non riuscendo a disporsi in modo ordinato, i legami tra le molecole sono inferiori e quindi la temperatura di fusione è più bassa. Maggiore è il numero di doppi legami, minore è la temperatura di fusione. Questa caratteristica ci consente di distinguere facilmente i diversi tipi di acidi grassi: i saturi sono solidi a temperatura ambiente (pensiamo al burro o al grasso della carne), i monoinsaturi e i polinsaturi sono liquidi. Se raffreddiamo un alimento grasso allo stato liquido, il primo a solidificare sarà costituito da monoinsaturi. Infatti se mettiamo in frigorifero l'olio di oliva solidifica (è costituito principalmente da monoinsaturi), mentre l'olio di girasole (costituito principalmente da polinsaturi) rimane liquido.

Ovviamente non mancano le eccezioni: esistono grassi saturi liquidi a temperatura ambiente e grassi polinsaturi solidi.

  

Proprietà chimiche

   

La stabilità degli acidi grassi, ovvero la loro tendenza a subire alterazioni chimiche, varia di molto a seconda del grado di insaturazione. La presenza dei doppi legami rende un acido grasso molto più soggetto ad alterazione (soprattutto ossidazione), se soggetto a luce, ossigeno (aria), calore. Un acido grasso è tanto più stabile quanto più è saturo. Questa caratteristica, in pratica, ha due implicazioni.

Conservazione: maggiore è la percentuale di grassi insaturi di un alimento, più delicata è la sua conservazione. Tutti gli oli andrebbero conservati al riparo dalla luce e dal calore, ben chiusi per evitare il contatto con l'aria.

Utilizzo in cucina: un alimento contenente acidi grassi polinsaturi non andrebbe utilizzato ad alte temperature (oltre i 100 gradi).

  

Proprietà biologiche

  

Gli acidi grassi saturi hanno due caratteristiche negative: tendono a depositarsi con più facilità sulle pareti delle arterie e tendono ad innalzare il livello di colesterolo nel sangue. Gli acidi grassi polinsaturi, se ben conservati ovvero se non hanno subito ossidazione a causa di una conservazione o a una preparazione errata, tendono ad abbassare il livello di colesterolo nel sangue e a fluidificare lo stesso.

Il consumo ideale di grassi nella dieta prevede una ripartizione in proporzioni uguali di grassi monoinsaturi, polinsaturi e saturi ottenibile con un consumo frequente di pesce grasso e un consumo alternato di grassi animali e vegetali.

  

Gli acidi grassi saturi

  

Gli acidi grassi saturi non hanno generalmente alcun interesse specifico ai fini del trofismo cutaneo, essi infatti sono considerati quasi esclusivamente in relazione all'aspetto esteriore del prodotto lipidico da essi determinato (come nei burri). Tra gli acidi grassi saturi merita menzione particolare l’acido stearico per avere la capacità di convertirsi in acido oleico per attività enzimatica specifica. In cosmetica trova impiego nella preparazione di creme evanescenti, creme da barba e altri articoli da toeletta.

L'acido laurico, invece, tipico degli oli vegetali tropicali ed in particolare dell'olio di cocco, ha la proprietà di solidificare a temperatura ambiente e si ritiene possa avere proprietà antisettiche, valorizzate dall'assenza di effetti collaterali.

Agli acidi grassi palmitico e palmitoleico sono ascritte proprietà emollienti e idratanti sulla pelle.

Recentemente, inoltre, all'acido palmitoleico sono state ascritte anche proprietà "anti-ingrassanti", per la sua capacità di fungere da molecola segnale che impedisce l'accumulo di grassi alimentari nelle riserve adipose (in ratti modificati geneticamente); l'acido palmitoleico sembrerebbe stimolare anche l'azione dell'insulina a livello muscolare ed opporsi alla steatosi epatica, ma si tratta ancora di ipotesi che necessitano di ulteriori dimostrazioni scientifiche per ritenersi attendibili.

  

L'acido grasso monoinsaturo oleico

  

L'acido oleico è un acido grasso monoinsaturo che appartiene alla famiglia degli omega-9 ed è tipico dell'olio di oliva, in cui lo ritroviamo in percentuali pari a circa il 60-80%, soprattutto nella forma esterificata (trigliceridi); la quota libera è invece esigua e dev'essere per legge inferiore al 2% nell'olio vergine e allo 0,8% in quello extravergine.

In generale, infatti, un olio alimentare è tanto più pregiato quanto più bassa è la sua acidità, caratteristica - questa - che lo rende migliore dal punto di vista organolettico e lo preserva dall'irrancidimento.

Un olio ricco di acido oleico è più stabile alle alte temperature rispetto ad un altro ricco di acidi grassi polinsaturi; per questo motivo l'olio di oliva ha un punto di fumo elevato e risulta particolarmente adatto per le fritture.

La resistenza alla luce, all'aria e al calore, limita la formazione di prodotti di perossidazione lipidica, dimostratisi particolarmente nocivi per la salute umana.

In cosmesi gli sono da sempre riconosciute eccellenti proprietà idratanti.

  

Gli acidi grassi essenziali

  

L’acido linoleico (capostipite della serie Omega 3) e l’acido alfa-linolenico (capostipite della serie Omega 6) sono i due acidi grassi polinsaturi definiti essenziali o AGE (talvolta sono anche chiamati vitamina F). Pur essendo fondamentali per il nostro organismo, infatti, quest'ultimo non è in grado di sintetizzarli autonomamente e quindi gli possono essere apportati soltanto dall'esterno.

Avendoli invece a disposizione, l'organismo è in grado di trasformarli, all'occorrenza, negli altri componenti delle rispettive serie (definiti PUFA), che potremmo dunque considerare relativamente essenziali. A livello cutaneo essi concorrono a mantenere la pelle in buona salute ed evitano l'insorgenza di alcune malattie come le dermatiti e l'eczema atopico.

La trasformazione degli AGE in PUFA necessita dell'azione di uno specifico enzima, il quale può essere depresso nel suo funzionamento dai seguenti fattori:

  • Alimentari: digiuno, glucosio, fruttosio, glicerina, grassi saturi, grassi idrogenati, colesterina, scarsità di proteine, scarsità di zinco, eccesso di acido linoleico.

  • Ormoni: glucagone, adrenalina, glucocorticoidi, tirosina.

  • Varie: fumo, età avanzata, età neonatale, alta temperatura, radiazioni ionizzanti.

Gli oli vegetali sono la fonte privilegiata di approvvigionamento dietetico e cutaneo di acidi grassi essenziali, con particolare riguardo agli omega 6 (contenuti in generose quantità, ad esempio, negli oli di Argan, Rosa Mosqueta e Inca Inchi), mentre gli omega 3 sono ben più rari in natura, abbondanti solo nei più preziosi oli vegetali (ad esempio di Rosa Mosqueta e Inca Inchi), nei grassi di pesce e nell'olio di pesce.

Da notare il fatto che gli AGE sono distrutti dai processi di idrogenazione usati per dare maggior consistenza agli oli vegetali e per produrre la margarina.

Gli AGE non sono intercambiabili, ossia i derivati dell'uno non possono essere originati anche dall'altro, per cui è importante assicurare entrambi dall'esterno. Va tenuto presente anche il fatto che gli omega 3 e 6 competono tra loro per l'utilizzo degli enzimi coinvolti nella loro desaturazione, da cui l'importanza di assumerli in proporzione adeguata (tale proporzione, nell'alimentazione, è idealmente suggerita dai dietologi come 1:3-4, mentre la dieta tradizionale è tendenzialmente sbilanciata verso valori più alti per la più scarsa presenza di prodotti ittici e di oli vegetali pregiati).

 

La principale funzione dei lipidi è quella di fornire energia ai vari processi metabolici che avvengono nell'organismo. Per quanto riguarda gli acidi grassi essenziali, tuttavia, tale funzione è soltanto marginale. Essi giocano infatti un ruolo fondamentale in diversi tessuti ed entrano nella costituzione di tutte le membrane cellulari, inoltre possono dar luogo alla formazione di un gruppo di sostanze, dette eicosanoidi, capaci di modulare numerose reazioni cellulari (per questo sono conosciuti anche come bioregolatori o "superormoni").

Il ruolo degli acidi grassi essenziali nell'organismo si diversifica in base alla famiglia di appartenenza. A livello cutaneo essi concorrono a mantenere la pelle morbida ed elastica ed agiscono da coadiuvanti nella cura di una lunga serie di manifestazioni patologiche, tra le quali la psoriasi, la cellulite e gli edemi.

    

Funzioni principali degli acidi grassi della serie omega-6:

  • riducono la concentrazione di colesterolo nel sangue, abbassando sia la frazione "cattiva" (LDL) che quella buona (HDL);

  • possiedono una bassa efficacia nel ridurre i livelli plasmatici di trigliceridi (modesta azione ipotrigliceridemizzante).

  • Se presenti in eccesso rispetto agli omega-3 sono tuttavia responsabili di una serie di effetti negativi (aumentano le reazioni allergiche e infiammatorie, la pressione sanguigna, l'aggregazione piastrinica e, di conseguenza, il rischio cardiovascolare), in quanto precursori di eicosanoidi 'buoni' ma anche di eicosanoidi 'cattivi'.

 

Funzioni principali degli acidi grassi della serie omega-3:

  • abbassano i livelli plasmatici di trigliceridi, interferendo con la loro incorporazione nelle VLDL a livello epatico;

  • possiedono una bassa efficacia nel ridurre i livelli di colesterolo totale nel sangue (modesta azione ipocolesterolemizzante);

  • aumentano leggermente la concentrazione di colesterolo HDL;

  • sono precursori di eicosanoidi "buoni" che diminuiscono l'aggregabilità delle piastrine, aumentando la fluidità ematica e riducendo significativamente il rischio di malattie coronariche.

  • Gli omega-3 hanno quindi un'azione antiaterogena, antinfiammatoria e antitrombotica.

 

In campo dermatologico gli omega-3 sono indispensabili per mantenere la pelle in buona salute, migliorando le condizioni cutanee in caso di pelle secca e prematuramente invecchiata e procurando sollievo anche ai capelli fragili e inariditi. 

Gli effetti benefici degli omega-3 sono stati scoperti studiando il rischio cardiovascolare di popolazioni eschimesi, grandi consumatori di pesce azzurro, salmone e merluzzo. Il fatto è che queste stesse popolazioni, emigrando nei Paesi industrializzati e abbandonando quindi le sane abitudini alimentari tradizionali, presentavano un rischio maggiore di morte cardiovascolare ma anche una incidenza significativamente più elevata di dermatite atopica e psoriasi, malattie cutanee piuttosto rare negli eschimesi. E' del resto noto che questi acidi grassi essenziali sono componenti fondamentali delle membrane biologiche e del tessuto epiteliale e che contribuiscono alla formazione del film idrolipidico da parte delle ghiandole sebacee e sudoripare, sia a livello della cute, sia del cuoio capelluto. Una carenza di acidi grassi insaturi provoca un incremento delle perdite transepidermiche d'acqua e può essere responsabile di pelle secca, tendenza all'acne e allo sviluppo di stati eczematosi, nonchè di capelli fragili e opachi, fragilità delle unghie, forfora e predisposizione ad allergie in genere.

   Alcuni studi suggeriscono che una maggior quantità di acidi grassi omega-3 a lunga catena permetterebbe di controllare problemi legati a patologie dermatologiche particolari, come la psoriasi (Mayser et al. (1998) Journal of the American Academy of Dermatology). La psoriasi è un’eruzione desquamativa di origine infiammatoria e ad andamento cronico caratterizzata da iperproliferazione dei cheratinociti. La malattia, che negli Stati Uniti ha una prevalenza dell’1%, ha basi genetiche. Anche l’alimentazione sembra avere un ruolo nell’eziologia e nella patogenesi della psoriasi: un recente studio dimostra come una dieta ricca di omega-3 provenienti da olio di pesce possa avere particolari effetti benefici (Wolters M., 2005, "Diet and psoriasis: experimental data and clinical evidence", British Journal of Dermatology). E' del resto risaputo che in affezioni cutanee quali dermatiti e psoriasi la composizione del sebo cutaneo subisce uno squilibrio strutturo-funzionale, nel qual caso gli omega-3 aiutano a ristabilire le percentuali di acidi grassi ideali per una funzionalità e un'integrità ottimali della struttura epiteliale.

 

 I casi più gravi di dermatite sembrano invece essere collegati in particolare alla carenza di acido linoleico (o acido grasso essenziale Omega-6), che si trova principalmente negli oli vegetali e al quale gli scienziati avevano già attribuito l'importante funzione di mantenere la pelle sana, in quanto contribuisce primariamente alla costituzione del film lipidico protettivo.

Tale ipotesi trova conferma in un recente studio condotto da un’équipe di ricercatori della University of Illinois ("Lack of omega-6 fatty acid linked to severe dermatitis." ScienceDaily, 14 aprile 2010), nel quale i ricercatori hanno evidenziato anche un'altra importante ragione per la quale tale acido grasso essenziale preserva la salute ottimale della nostra pelle.

L’équipe di Nakamura cercava di comprendere la funzioni cutanee degli acidi grassi omega-3 ed omega-6, apprendendo così che anche l’acido arachidonico è indispensabile per mantenere la pelle sana.

Il nostro corpo produce l’acido arachidonico proprio a partire dall’acido linoleico, da cui l'importanza della disponibilità di quest'ultimo a livello cutaneo. Tale disponibilità, ovviamente, può essere assicurata, oltre che dall'apporto dietetico, anche dall'impiego di oli e burri vegetali che lo contengono naturalmente.

Nel nostro organismo l'acido arachidonico si concentra a livello dei fosfolipidi di membrana, cioè in quel doppio strato fosfolipidico che - distribuendosi sulla superficie esterna delle cellule - regola l'ingresso e l'uscita dei vari metaboliti cellulari (nutrienti, ormoni, sostanze di rifiuto ecc.).

L'acido arachidonico costituisce il precursore principale degli eicosanoidi, sostanze coinvolte nella risposta infiammatoria dell'organismo. In presenza di un danno tissutale, enzimi specifici liberano l'acido arachidonico dai fosfolipidi di membrana. Dall'acido arachidonico si possono così ottenere tipi molecolari diversi: la serie 2 delle prostaglandine e dei trombossani e la serie dei leucotrieni. Al pari dell'acido grasso di partenza, tutte queste sostanze vengono chiamate eicosanoidi per via della struttura a 20 atomi di carbonio che le caratterizza.

La sintesi della serie 2 delle prostaglandine e dei trombossani, a partire dall'acido arachidonico libero, è mediata dall'enzima ciclossigenasi ed è proprio su tale enzima che agiscono i farmaci antinfiammatori non steroidei, come l'aspirina o l'ibuprofene, per contrastare la formazione di prostaglandine implicate nei processi infiammatori.

Le prostaglandine della serie 2, prodotte a partire dall'acido arachidonico, espletano infatti un'azione vasodilatatrice ed aumentano la permeabilità capillare sostenendo lo stato infiammatorio (febbre, dolore, edema). Tale azione contrasta quella antinfiammatoria, ossia esattamente contraria, svolta invece dalle prostaglandine della serie 1 e della serie 3, derivanti rispettivamente dagli acidi grassi delle serie omega 6 e 3. In altre parole, l'acido linoleico può produrre sia le prostaglandine della serie 1 e 3, ad azione anti-infiammatoria, sia, attraverso l'acido arachidonico che da esso può derivare, quelle della serie 2 ad azione pro-infiammatoria.

Il discorso, comunque, non è così semplice, dato che dall'acido arachidonico originano non soltanto prostaglandine della serie 2 ad azione pro-infiammatoria, ma anche altre della stessa serie con effetto diametralmente opposto. In condizioni fisiologiche, infatti, l'acido arachidonico e gli ecosanoidi che da esso traggono origine espletano un'azione complessivamente regolatrice e di controllo sui processi infiammatori. Le prostaglandine prodotte nella via ciclo-ossigenasica, ad esempio, agiscono rapidamente sulle cellule in cui sono state sintetizzate e sui tessuti vicini, dopodichè vengono inattivate ed eliminate con le urine; in questo modo controllano l'infiammazione impedendo lo sviluppo di reazioni abnormi.

Cerchiamo di capire meglio questa dinamica. Quando l'organismo viene aggredito da agenti di natura biologica (batteri, virus ecc.), fisica (traumi, calore, raggi UV) o chimica (acidi ecc.), esso si difende dando origine alla cosiddetta risposta infiammatoria. Si tratta di un evento molto complesso a cui partecipano moltissimi mediatori, eicosanoidi compresi e dunque le prostaglandine in primis, ma anche anche i trombossani e i leucotrieni (LT). Nelle prime fasi, che caratterizzano la cosiddetta infiammazione acuta, agiscono prevalentemente le prostaglandine pro-infiammatorie della serie 2. Grazie all'azione di questi eicosanoidi, nella zona aggredita i vasi si dilatano ed aumenta la loro permeabilità, favorendo il passaggio dei leucociti (globuli bianchi) nella sede d'infiammazione. A questo punto i globuli bianchi possono, a seconda dei casi, inglobare gli agenti lesivi, uccidere i batteri, degradare tessuto necrotico, agenti estranei ecc. Quando il lavoro di queste cellule è terminato, con conseguente rimozione dello stimolo che ha innescato l'infiammazione acuta, l'organismo deve ripristinare le condizioni antecedenti l'aggressione. Questo scopo viene raggiunto attraverso il rilascio di prostaglandine ad effetto antinfiammatorio delle serie 1, 2 e 3. Se ciò non avvenisse l'infiammazione persisterebbe e diventerebbe cronica. Tale condizione si registra, per esempio, nelle infezioni persistenti, nelle malattie autoimmuni (artrite reumatoide, colite ulcerosa cronica) e quando alcune sostanze tossiche, esogene (silice, amianto, corpi estranei) o endogene (acido gastrico), permangono a lungo a nell'organismo. L'infiammazione cronica può arrecare danni importanti al tessuto interessato da questo processo, a causa dell'intensa proliferazione e attività di alcune cellule deputate alla distruzione degli invasori.

 

La fisiologica presenza delle prostaglandine a livello cutaneo riesce ad impedire il manifestarsi di dermatiti anche molto gravi, come confermato dallo studio di Nakamura sopra accennato: creando sulla pelle le condizioni sperimentali (purtroppo!) di assenza e ripristino del precursore naturale delle prostaglandine stesse, ossia per l'appunto l'acido arachidonico, ha potuto osservare la comparsa e successiva scomparsa di gravi dermatiti, valorizzando ulteriormente l'importanza di un corretto apporto di acidi grassi polinsaturi essenziali alla pelle con particolare riferimento al precursore naturale dell'acido arachidonico, ossia dell'acido linoleico.