Il
film idrolipidico
Questa
sorta di pellicola presente sulla superficie cutanea è costituita da una
componente idrofila (NMF) e da
una frazione liposolubile, formata soprattutto dal sebo
(95% del totale) e da lipidi epidermici (prodotti dai cheratinociti).
Nella
composizione del film idrolipidico rientrano anche i grassi prodotti dalla
flora batterica che alberga sulla pelle ed anche quelli presenti nella
composizione di prodotti cosmetici e detergenti.
Dato
che la produzione di sebo resta latente dalla nascita fino alla pubertà,
la frazione liposolubile del film idrolipidico dei bambini è
rappresentata soltanto dai grassi epidermici. Questi lipidi sono
costituiti, anche nell'adulto, da acidi grassi, tra i quali è
particolarmente importante l'acido
linoleico, capostipite
degli acidi grassi omega 6 ed essenziale per l'organismo, perchè non
essendo in grado quest'ultimo di produrlo lo deve ricevere per forza
dall'esterno. Questo lipide è essenziale per la barriera epidermica poiché,
in caso di carenza di acido linoleico, lo strato corneo della cute diventa
squamoso e particolarmente secco.
Oltre
ad esso, nella composizione della frazione liposolubile del film
idrolipidico rientrano anche ceramidi e colesterolo.
Con
la pubertà la produzione di sebo da parte delle ghiandole sebacee torna
ad attivarsi massicciamente, per rimanere stabile in tutta l'età adulta e
tornare poi a diminuire con l'invecchiamento, soprattutto nelle donne.
I
grassi sebacei partecipano dunque alla composizione del film idrolipidico,
costituendone nell'età adulta la massima parte.
Tra
questi annoveriamo alcuni composti intermedi della sintesi del colesterolo
(squalene, farnesolo). Lo squalene è così chiamato perché è stato
individuato per la prima volta nel fegato dello squalo; nell'uomo
rappresenta il più immediato precursore del colesterolo e per questo
motivo è presente tal quale solo nella secrezione sebacea, ma non nel
resto del corpo dove è invece immediatamente convertito in colesterolo.
Nel
sebo sono presenti anche cere
costituite da acidi grassi particolari che, oltre a presentare un elevato
grado di insaturazione, le fanno assumere una consistenza fluida.
Nella
composizione del sebo rientrano anche, e soprattutto, trigliceridi,
che a differenza di quelli alimentari hanno doppi legami in posizioni
insolite e catene carboniose particolarmente ramificate e lunghe (fino a
30 atomi di carbonio).
I
trigliceridi costituiscono il 35% circa del sebo umano, a seguire cere ed
esteri sterolici (20%), acidi grassi liberi (20%), squalene (10%),
colesterolo (10%) e paraffina (5%).
Funzioni
del film idrolipidico
Le
funzioni del film idrolipidico sono molte e diverse. Innanzitutto mantiene
idratato lo strato corneo, sia grazie alla presenza dell'NMF, che ha
proprietà umettanti, sia grazie alla componente lipidica, che regola
l'evaporazione dell'acqua dalla superficie cutanea.
Il
film idrolipidico ha anche proprietà antimicrobiche. Nella frazione
liposolubile esistono infatti degli acidi grassi dotati di azione tossica
nei confronti dei microrganismi patogeni; anche lo stesso sebo, costituito
da una frazione lipidica particolare, si oppone alla colonizzazione
batterica della cute.
Il
film idrolipidico è inoltre dotato di un pH acido, che rappresenta un
ulteriore mezzo di difesa contro la colonizzazione di microrganismi
patogeni.
Un'altra
sua proprietà è infine quella di conferire alla pelle un odore
particolare. I lipidi che lo costituiscono sono infatti numerosi ed il
modo in cui questi si distribuiscono dona al corpo "un'impronta
chimica" caratteristica. Nel regno animale l'odore corporeo è molto
importante perché permette l'interazione tra individui della stessa
specie (interazione madre-cucciolo, ad esempio) e di specie diverse
(riconoscere pericoli, stato di salute ecc.). Anche se nell'uomo tutti
questi aspetti sono marginali, è ormai certo che particolari lipidi
cutanei, detti ferormoni, contribuiscano al richiamo sessuale. In
particolare alcuni ricercatori svizzeri hanno scoperto che le donne sono
attratte dagli odori di uomini con una composizione genetica diversa dalla
loro. Se si considera che l'accoppiamento con un partner il cui DNA è
diverso dal proprio rappresenta un elemento fondamentale per l'evoluzione
della specie, i conti tornano alla perfezione.
I
lipidi cutanei
Lo
strato corneo è formato da due compartimenti, uno cellulare (corneociti)
ed uno extracellulare, ricco di lipidi che riempiono gli spazi esistenti
tra un corneocita e l'altro.
I
lipidi intercellulari provengono dai corpi di Odland o corpi
lamellari, organuli presenti nello strato granuloso
dell'epidermide. Essi sono delle vescicole provviste di membrana che
contengono numerosi strati lamellari di lipidi (da cui il nome corpi
lamellari), disposti uno sopra l'altro, un po' come una pila di piatti.
La
membrana dei corpi di Odland va a fondersi con la membrana delle cellule
più alte dello strato granuloso ed i lipidi vengono emessi all'esterno
per esocitosi. Tali grassi vanno poi a disporsi tra un corneocita e
l'altro, formando delle lunghe lamine. Ognuna di esse è organizzata in
uno strato bilayer, un po' come il doppio strato fosfolipidico che
caratterizza la membrana cellulare.
Al
loro interno sono contenuti fosfolipidi, glucosilceramidi e colesterolo.
Queste sostanze, pur essendo lipofile, non sono del tutto apolari. Questa
caratteristica viene persa quando vengono estrusi dalla vescicola: le
glucosilceramidi diventano ceramidi, il colesterolo viene in gran parte
esterificato e i singoli acidi grassi vengono rimossi dai fosfolipidi. Il
risultato è un complesso lipidico completamente idrofobo, cioè
impermeabile all'acqua.
I
corneociti sono poveri di acqua; per fare un paragone, nello strato corneo
l'acqua rappresenta soltanto il 15% del peso cellulare, mentre
nell'epidermide sottostante tale percentuale raggiunge il 70%. Il
contenuto idrico dei corneociti, pur essendo basso, deve assolutamente
rimanere costante. Tale aspetto è fondamentale sia per mantenere la
flessibilità cellulare, sia per il mantenimento dell'attività enzimatica
che consente, tra l'altro, la fisiologica desquamazione cutanea.
Il
contenuto di acqua dei corneociti è influenzato dalla temperatura
ambientale e dal grado di umidità. Se l'ambiente esterno è molto secco,
tali cellule tendono a disidratarsi; al contrario, se immerse in acqua, la
assorbono fino a 5-6 volte il proprio peso. Ciò, insieme all'assenza del
sebo, spiega come mai, dopo un ammollo prolungato, la pelle dei
polpastrelli tenda a raggrinzirsi. In questi casi le cellule dello strato
corneo assorbono acqua e tendono ad aumentare di volume. Data la ridotta
estensione della cute in queste zone, i corneociti si ingrossano ma non
riescono ad espandersi e formano così le caratteristiche grinze.
In
ogni caso l'acqua non riesce a penetrare in quantità elevata al di sotto
dello strato corneo, per la presenza dei sopraccitati lipidi
intercellulari.
Il
fattore naturale di idratazione, chiamato NMF
(dall'inglese natural moisturizing factor) è una miscela di varie
sostanze idrosolubili e fortemente igroscopiche (in grado, cioè, di
assorbire molta acqua). Esso è importante per mantenere l'idratazione
dello strato corneo.
Il
fattore naturale di idratazione è abbondantemente presente all'interno
dei corneociti, dove svolge delle funzioni umettanti (garantisce, cioè,
l'idratazione dello strato corneo trattenendo quel 15% di acqua che
abbiamo visto essere molto importante per la salute della cute).
I
livelli di NMF diminuiscono con l'invecchiamento
e in tutti coloro che si espongono eccessivamente alla luce solare, oppure
utilizzano per lunghi periodi detergenti troppo aggressivi per la pelle.
A
completamento di indagine descrittiva, dedicato a chi desideri un
approfondimento scientifico ulteriore, riporto il seguente estratto dal
"Trattato di dermatologia" di Alberto Giannetti:
"Riguardo
le specifiche funzioni delle frazioni lipidiche che compongono i lipidi di
superficie, le nostre conoscenze sono ancora frammentarie e tuttora in
evoluzione.
Certamente
il colesterolo, i trigliceridi e le cere, sono di ausilio all'integrità
della funzione barriera dello strato corneo contro la penetrazione d'acqua
e di soluti, e nella selettività del flusso transcutaneo di sostanze
idrofiliche e idrofobiche. I digliceridi e i monogliceridi, prodotti
dall'idrolisi dei trigliceridi, contribuiscono anch'essi a mantenere
l'idratazione fisiologica, sia a causa della loro igroscopicità, sia per
il fatto che possono formare films molecolari sulle microgocce di sudore,
rallentandone così l'evaporazione.
Gli
acidi grassi liberati dalla propria inconsueta struttura, in seguito
all'idrolisi dei trigliceridi, contribuiscono al determinismo della flora
batterica cutanea permettendo la sopravvivenza soltanto a microrganismi
compatibili. In determinate condizioni, viceversa, è la flora batterica
stessa ad influenzare a sua volta la composizione lipidica superficiale.
Nell'acne, ad esempio, a causa dell'attività enzimatica del
Propionibacterium sui trigliceridi, si determina un aumento percentuale
degli acidi grassi liberi, i quali, specie se insaturi, possono essere
irritanti e comedogenici (ecco
perchè l'applicazione di oli ad alto tenore di acidi grassi insaturi è
sconsigliata nell'acne!).
E'
stato proposto da Morello e altri Autori che il deficit di acido
linoleico nei trigliceridi sebacei può causare comedogenicità. (...)
Le
cere, a causa della loro idrofobicità, sono indispensabili agli
uccelli e ad altri animali per impedire alle piume di bagnarsi,
appesantendo ed intralciando, in tal modo, il volo. E' in discussione se
ciò (funzione impermeabilizzante) sia valido anche per l'uomo.
La
presenza di squalene ad alte concentrazioni, oltre ad essere una curiosità
biochimica, si dimostra fisiologicamente rilevante. A differenza di altri
tessuti corporei (ad eccezione del fegato degli squali), la ghiandola
sebacea è carente degli enzimi capaci di dar luogo alla normale
ciclizzazione dello squalene a colesterolo e nel sebo, pertanto, lo
squalene diviene un prodotto altamente caratteristico. Anche nelle scimmie
antropomorfe lo squalene è del tutto assente.(...)
Essendo
un lipide altamente insaturo per la presenza nella sua molecola di 6 doppi
legami, lo squalene è facilmente ossidabile e come tale può essere
considerato un anti-ossidante. L'ossidazione dello squalene può essere
causata, oltre che da agenti fisici come i raggi ultravioletti o
l'ossigeno, anche da agenti chimici ossidanti e biologici
con formazione di lipoperossidi irritanti e verosimilmente
comedogenici, come deducibile dal fatto che animali privi di squalene,
quali ad esempio le scimmie antropomorfe, non sono affetti dall'acne.
Sorprendente
è nell'uomo il deficit di enzimi che sovrintendono alla ciclizzazione
dello squalene.
Probabilmente
circa 8 milioni di anni fa, quando l'uomo si è differenziato dalle
scimmie superiori, l'alto tasso delle radiazioni ultraviolette che
raggiungevano la terra ha provocato sulla cute umana, meno ricca di peli e
dunque meno schermata rispetto a quella delle scimmie, alcune mutazioni
funzionali a livello sebaceo, che hanno comportato il blocco della sintesi
del colesterolo e l'accumulo di un suo intermedio, lo squalene, in grado
di agire come filtro solare oltre che da antiossidante cutaneo. (...)
La
composizione lipidica cambia drammaticamente giungendo in prossimità
della superficie cutanea, la componente maggiormente idrofila costituita
prevalentemente da fosfolipidi viene costituita da una componente
maggiormente idrofoba costituita da una miscela di ceramidi (circa il
40%), colesterolo (20-27% del totale), acidi grassi (tra il 9 e il 20%) e
sfingosina. (...) Gli acidi grassi sono risultati essere a catena lunga e
satura.
Il
ruolo del colesterolo e del colesterolo solfato (un componente minore) è
stato da poco individuato: queste due molecole, tra loro in equilibrio,
hanno un ruolo importante nel controllo della coesione cellulare e della
desquamazione del corneo. (...)
La
più importante classe di lipidi che si forma nello spazio
intercheratinocitario è costituita dalle ceramidi (40%), chimicamente
composte da sfingolipidi (sfingosine, sfinganine e fito-sfingosine)
lievemente idrofobici.(...)
Da
un punto di vista funzionale è stato dimostrato che bassi livelli di un
particolare tipo di ceramidi nell'epidermide si associano a stati di
ipercheratinizzazione, ad alcune forme di ittiosi e alla dermatite atopica."
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